Lunedì, 16 Dicembre 2013

Intervista con TERESA PROCACCINI

Ci parli della sua formazione professionale?

Devo la mia formazione professionale alla fortuna di aver studiato dal 1954 al 1958 con ottimi Maestri al Conservatorio “S.Cecilia” di Roma: Virgilio Mortari (Composizione) e Fernando Germani (Organo). Negli anni precedenti a Foggia, (città dove vivevo sino al 1953), studiavo con un insegnante di medio livello, piuttosto scettico sul fatto che una donna potesse comporre. E’ facile immaginare quanto questo suo atteggiamento influisse negativamente nel giudicare i miei lavori e quanti dubbi e sofferenze mi procurasse. La situazione diventò presto insostenibile e, d’accordo con mio padre, decidemmo di sentire il parere del M°Achille Longo, (famoso professore di Composizione al Conservatorio di Napoli). Il suo giudizio, altamente positivo, riaccese in me l’entusiasmo e studiando con lui feci molti progressi. Fu ancora lui a suggerirmi il trasferimento a Roma per le maggiori possibilità artistiche che offriva la capitale. Fu un consiglio prezioso che ha, di sicuro, dato una svolta positiva alla mia vita.

Che tipo di musica compone e crea?

Ho una vasta produzione che comprende tutti i generi musicali: opere liriche, musica per orchestra, o con solisti o coro, pezzi per symphonic band, alcuni dei quali con pianoforte solista, una consistente produzione di Operine didascaliche e Fiabe musicali destinate ai ragazzi, pezzi per coro di voci bianche con e senza orchestra, oltre alla “Collana Giovani Strumentisti” con pezzi per flauto, oboe, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte e percussione. Infine 130 lavori di musica da camera per vari organici (da 1 a 15 strumenti più alcuni con voci), completano la panoramica sulla mia produzione.

Ha incontrato delle difficoltà nella sua carriera? E che tipo di difficoltà?

Di sicuro ho subito il pregiudizio che, agli inizi del mio percorso creativo, contrassegnava la donna come negata alla creatività. Il compositore è stato sempre preferito alla compositrice nelle programmazioni. Credo però che ora le cose vadano meglio e, più che di discriminazione, parlerei invece di “totale indifferenza” (o quasi) verso la musica contemporanea. Com’è noto, la cattiva fama di cui gode la musica del ‘900, con le sue durezze e i sistemi “algebrici” che l’hanno contraddistinta, ha fatto sì che il pubblico “normale” non sopporti quasi nessun lavoro del ‘900. Io, più che lamentare la discriminazione, direi che il vero problema consiste (almeno in Italia e a parità di bravura) nell’”appartenenza politica giusta”. Chi è refrattario a schierarsi, (ed io sono un essere libero e indipendente per natura), non ascolterà mai la sua musica in Enti importanti, né riceverà incarichi dirigenziali di rilievo. E di questo ho esperienza diretta, che qui sarebbe troppo lungo elencare.

Cosa pensa che possa essere fatto per aiutare le donne che lavorano in ambito musicale?

E’ una domanda alla quale non so rispondere, se non con una riflessione su come lavoro io e su quanto sperimento molto spesso: comporre solo se si è certi di avere una professionalità e un’inventiva adeguata ed essere molto critici con quello che si scrive. Così sarà più facile essere apprezzate nel mondo musicale e non perché sei uomo o donna, ma perché sei bravo. Pian piano le possibilità arrivano. Io, ad esempio, ricevo molte richieste da artisti stranieri (attraverso internet), che mi chiedono di scrivere pezzi per loro (o lavori che ho già composto nel corso degli anni) e ho sperimentato che dare visibilità ai propri lavori attraverso internet è sicuramente positivo per il lavoro che faccio.

Così la penso io

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